Horsch serie “Avatar Sd”, sviluppate per l’Italia

Rispetto ad altri Paesi dell’Unione europea l’Italia patisce di un atavico dimensionamento verso il basso delle superfici aziendali. Sebbene le estensioni medie a seminativi siano passate dai poco meno di cinque ettari del 2000 ai dieci ettari del 2020, quelle specifiche per i cereali a paglia risultano ancora sotto media con il grano duro, per esempio, che arriva a circa sette ettari e mezzo.

Dato ricavabile dividendo il milione circa di ettari coltivati a frumento duro per le 135mila aziende cerealicole segnalate da Istat. Inoltre, tali superfici sono spesso frutto di un collage di appezzamenti fra loro separati e non sempre vicini fra loro. Altro fattore, questo, che limita molto le economie di scala delle aziende cerealicole italiane. I parchi macchine devono quindi essere commisurati anche dal punto di vista delle dimensioni stesse delle attrezzature.

Una considerazione che vale non solo per le aziende agricole, bensì anche e soprattutto per i contoterzisti. Questi possono infatti essere chiamati a operare in aziende medie o medio-piccole, dovendo quindi prevedere nelle proprie rimesse anche attrezzature consone a tali condizioni operative. Da marchio tedesco qual è, Horsch ha da sempre offerto al mercato attrezzature in formato “Large” ed “Extra Large”, guardando soprattutto a Paesi come quelli sud-americani o est europei, oltre che al mercato interno. Basti pensare che nella ex Germania dell’Est vi sono aziende cerealicole che vantano alcune migliaia di ettari a frumento tenero. Estensioni che vanno affrontate con soluzioni dai fronti operativi alquanto generosi. Da quando però la Casa di Schwandorf si è affacciata all’Italia e ad altri Paesi mediterranei, il suo catalogo si è dovuto ampliare abbracciando attrezzature atte a operare anche in realtà completamente diverse per superfici e organizzazione aziendale.

Progettate per i cereali a paglia

A conferma, le seminatrici trainate in linea della serie “Avatar Sd”, dedicate ai cereali a paglia, presentano da quest’anno tre nuove larghezze di lavoro da otto, nove e dieci metri, più consone al mercato italiano rispetto all’attuale top di gamma, la “Avatar18/60 Sd”, che quanto a larghezze operative giunge ai 18 metri e per tale ragione si rivolge soprattutto a superfici generose, tali da valorizzarne l’elevata produttività. Le nuove misure colmano quindi il vuoto che esisteva fra l’ammiraglia da 18 metri e i modelli di attacco della serie da tre, quattro e sei metri.

Anche i modelli per piccole estensioni

I primi due ideali per operare in appezzamenti dalle dimensioni molto ridotte, mentre per le aziende di media estensione il modello da sei metri si raccorda ora con le tre macchine superiori, componendo un intervallo tecnico che attacca da un minimo di tre metri toccando un massimo di dieci, tutti comunque vocati alle semine tradizionali o alla semina diretta offrendo un ampio ventaglio quanto a personalizzazioni di equipaggiamento.



Circa la tramoggia, nei tre nuovi modelli questa è disponibile in una versione dal volume sdoppiato per un totale di seimila e 300 litri. In alternativa, si può optare per un serbatoio triplo da seimila e 400. In quest’ultimo caso, la suddivisione dei volumi mostra un rapporto “60:10:30” al fine di massimizzare la flessibilità operativa. Inoltre, anche le tre novità in gamma offrono l’opzione “MiniDrill”, tramoggia anteriore pressurizzata da 400 litri.

La pressione migliora la semina

La pressione positiva all’interno della tramoggia svolge un ruolo tutt’altro che secondario, contribuendo a ridurre significativamente la segregazione dei semi di dimensioni diverse. Situazione questa che si presenta quando si opti per la semina di miscele speciali, come per esempio quelle che includono le cover crop. Altra alternativa, nei modelli da sei e otto metri si può optare fra un serbatoio singolo, equipaggiabile con apposito dispositivo microgranulatore per granulari chimici, o per il serbatoio doppio semente-concime, equipaggiabile con un terzo serbatoio con dosatore standard per la semenza oppure per i geoinsetticidi.

Pressioni al suolo da 350 chili

L’omogeneità della deposizione dei semi nel terreno dipende molto dalla stabilità operativa degli elementi di semina, influenzata a sua volta dalla costanza pressoria da questi esercitata sul suolo, pari nelle “Avatar Sd” a 350 chilogrammi in tutti i modelli. Tale pressione è garantita dal collaudato sistema “AutoForce”, presente dal 2016 sulle seminatrici della linea “Maestro” e capace di adattare automaticamente la pressione del coltro alle mutevoli condizioni del terreno. In questo modo già durante la semina si può favorire uno sviluppo omogeneo della coltura, indipendentemente dal numero di coltri. Questi varieranno ovviamente in funzione della larghezza operativa, partendo dai 18 coltri nell’entry level da tre metri di larghezza, salendo poi a 24, 36 e infine 48 nei modelli superiori, mentre identico risulta il diametro dei dischi della parte lavorante delle seminatrici, pari a 48 centimetri. Da 40 centimetri netti di diametro, invece, i rulli-guida che regolano la profondità di semina.

A chiudere il cantiere sono infine i rulli di perfezionamento da 33 centimetri di diametro. La struttura operatrice è infine concepita sulla logica di due barre di semina distinte operanti sequenzialmente, potendo in tal modo realizzare interfila da 16 centimetri e sette millimetri o da 33 centimetri in funzione dell’impiego di entrambe le barre oppure di una sola.

Titolo: Horsch serie “Avatar Sd”: sviluppate per l’Italia

Autore: Redazione

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